Da un’idea del pianista stabiese Di Capua una band scanzonata e irriverente
Nel 2016 il maestro Giuseppe Di Capua, pianista docente del Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli, forma un gruppo insieme ad eccellenti musicisti: Gianfranco Campagnoli alla tromba e flicorno, Tommaso Scannapieco al contrabbasso, Gino del Prete alla batteria e col cantante Domenico Tammaro.
La passione per Carosone, Buscaglione e Paolo Conte li trova d’accordo sullo stile da seguire ma è l’amore per Totò e Peppino che suggerisce loro il nome da dare alla band.
Indimenticabile è la sgrammaticata lettera che nel film Totò e Peppino firmano “I Fratelli Caponi che siamo noi”).
Col tempo, naturalmente, il repertorio ha strizzato l’occhio a tutto lo swing italiano giungendo fino a Vinicio Capossela e Sergio Cammariere.
Ad oggi il quintetto ha collezionato innumerevoli concerti.
Si sono esibiti a Napoli al Maschio Angioino per KontamiNAzioni, al Teatro Sannazaro, alla Darsena Acton per “Porto aperto 2019”, all’Accademia di Belle Arti per “Le passioni di Carlo”, al Fiano Music Festival, alla festa dell’Europa ed all’Auditorium del Conservatorio Cimarosa ad Avellino, a Scalo Milano, al Castelvetere Music Festival.
Inoltre nel 2019 la MB Live Sounds ha prodotto il loro primo album “Swing & Soda!”
Qual è la caratteristica che unisce il quintetto? Cioè quale requisito fa in modo che per anni siete riusciti a stare insieme?
Il segreto è l’amicizia profonda. Ci siamo talmente divertiti a suonare insieme in questi 10 anni che, quando sul gruppo si aggiunge una data, facciamo tutti il possibile per essere disponibili e trascorrere tempo insieme, anche fuori dal palco.
Giuseppe quale è stata l’esperienza de “I Caponi Brothers” che ricordi con più emozione?
Domanda difficile, ogni concerto è stato a suo modo fortemente sentito. Alcuni resteranno nella top 10, come il Sorrento Jazz al Teatro Tasso, l’ultimo, quello alla Reggia di Carditello, con un’arena da migliaia di posti, quello al Pietrelcina Jazz Festival, il più allegro, quello al Teatro Corallo del 2023 con la formazione allargata, quello al Teatro Sannazaro, una grande soddisfazione. Forse in cima metterei il concerto al Teatro Karol, nel teatro della chiesa dove ho trascorso la mia infanzia: lì ho sentito l’emozione ed ho fatto quasi un bilancio del percorso fatto.
In che modo la musica riesce ad essere ironica? Esistono ritmi che facilitano il messaggio beffardo di un brano?
Lo swing è di per sé uno stile di vita, scanzonato, dondolante, retrò. I personaggi che lo hanno amato e fatto amare sono diventati delle icone affascinanti (si pensi alle figure di Fred Buscaglione e Renato Carosone, solo in Italia). La meraviglia sta nel fatto che quella musica ha fatto da colonna sonora ad un’intera epoca, ed il suo successo ha scavalcato a piè pari interi decenni, per cui oggi piace a generazioni lontanissime. Tutti sanno cosa vuol dire “fare l’americano” o uscire “io mammeta e tu”, queste storie non hanno tempo, restano immortali.
Da stabiese qual è la tua opinione sul panorama musicale della tua città? Hai una proposta o un consiglio per aiutare questo campo?
Castellammare ha un numero ed un livello di artisti impressionante, forse unico, in ogni campo. Essere uniti negli intenti è a volte complicato, ma, negli ultimi tempi, sento crescere la voglia di valorizzare le bellezze senza fermarsi alle sterili critiche. La strada è lunga, e, forse, proprio il numero altissimo di eccellenze rende complicato unirle in uno sforzo comune, ma non bisogna dare per scontata la sconfitta. il mio sogno sarebbe quello di una associazione degli artisti stabiesi per Castellammare, sarebbe un gruppo dalla incredibile forza.
Abbiamo visto che spesso il vostro quintetto accoglie anche la bravissima Gabriella Di Capua …
La presenza di Gabriella Di Capua è un onore e un vanto per i Caponi Brothers, ed ogni volta che se ne presenta l’opportunità la accogliamo con gioia. Ha il DNA dei Caponi, ed è un altro esempio della forza artistica della nostra Stabia.