Agosto 1943. La guerra, su tutti i fronti, aveva ormai preso una disastrosa piega per le forze italo-tedesche. Gli Alleati stavano sfondando ovunque ed il fascismo era già caduto il 25 luglio. Il giorno 10 dello stesso mese, gli americani erano sbarcati in Sicilia avviandosi a risalire la penisola.
A Castellammare di Stabia la situazione appariva abbastanza tranquilla. Il cantiere navale, non più “regio” ma Navalmeccanica, era impegnato nella costruzione di moderne corvette antisommergibile della classe Gabbiano serie Ape (Ape, Lucciola, Libellula, Vespa, Grillo, Cicala, Calabrone, Cavalletta, Crisalide, Farfalla, Maggiolino, Coccinella) dotate di ecogoniometro e di potente armamento antiaereo, nonché anche di silenziosi motori elettrici per la caccia antisommergibile. Alcune completate, altre in allestimento ed altre ancora ancora sugli scali di costruzione.
Alla banchina allestimento si dondolava l’incrociatore leggero Giulio Germanico, al comando del Capitano di Corvetta Domenico Baffigo, coraggioso ufficiale superiore trucidato dai tedeschi il successivo 11 settembre dopo l’infausto armistizio allorché con i suoi marinai, tentava di difendere il cantiere e le navi dalla furia devastatrice teutonica.
Ma alle ore 01,32 del 10 agosto, continue salve di cannone lanciarono proiettili da 120 mm sul cantiere e le navi.
Cos’era era successo?
All’orizzonte non si intravedevano navi nemiche né bombardamenti aerei o terrestri. I colpi di cannone, ben 52 dei 550 sparati, erano stati lanciati dai cacciatorpediniere inglesi Aurora e Penelope dal Golfo di Salerno al largo di Amalfi. Con tiri a parabola, secondo coordinate fornite da appositi aerei chiamati “bengalieri”, dopo aver colpito diverse località dei Monti Lattari avevano centrato, da 14.000 metri, lo stabilimento e le navi producendo danni anche alla Corderia ( 3 morti e diversi feriti). Le due navi inglesi appartenevano al convoglio Q salpato il giorno prima da Biserta e composto dagli incrociatori leggeri Aurora (nave ammiraglia, commodoro William G. Agnew) ), Penelope, Sirius, Dido ed i cacciatorpediniere Jervis, Panther, Pathfinder e Paldadin della 14esima destroyer flotilla.
Le navi Aurora, Penelope, Jervis e Paladin avevano come obiettivo il cantiere di Castellammare di Stabia, mentre le altre dovevano incrociare al largo del Golfo di Salerno per scongiurare attacchi da parte di incrociatori italiani segnalati nel Basso Tirreno. Mentre l’Aurora e il Penelope erano impegnati a registrare il tiro a forcella superando la cima di Monte Faito, i cctt Jervis e Paladin, da 7.000 metri provvedevano a cannoneggiare le batterie costiere della zona ma furono costretti ad allontanarsi lanciando cortine fumogene in considerazione dei tiri precisi provenienti dalla costa. Tutta l’azione durò circa mezzora. La squadra inglese, dopo l’incursione, si diresse subito verso la Tunisia.
Eppure al largo di Punta Licosa il convoglio Q diretto verso le coste campane, era stato avvistato da motosiluranti tedesche, scambiandolo per navi italiane e, naturalmente, non lanciarono nessun allarme..
Subirono danni dal bombardamento:
– le corvette Cicala e Grillo;
– le corvette Farfalla e Libellula ancora sullo scalo;
– una motozattera ed un pontone galleggiabile;
– il sommergibile FR 114 ex francese Espadon catturato a Biserta e portato a Castellammare per riparazioni e manutenzioni ( fu autoaffondato il 13 settembre 1943 per non farlo catturare dai tedeschi);
– l’incrociatore (parte poppiera) Giulio Germanico ( affondato dai tedeschi il 28 settembre 1943, recuperato nel 1950 e trasformato nel ct San Marco). I danni, però, non furono tali da impedire la prosecuzione dei lavori nello stabilimento. Tutto fu distrutto però dai tedeschi dopo l’armistizio. Ma questa è un’altra drammatica storia.