Bonito, il talento stabiese alla corte dei Borboni

Uno dei geni della pittura settecentesca di cui si possono osservare moltissime stupende opere è lo stabiese Giuseppe Bonito. Cresce all’ombra e alla scuola di Francesco Solimena, noto anche come l’abate Ciccio, dal quale apprende l’arte dei chiaroscuri. La tecnica la mette poi a frutto più tardi, quando, oltre a continuare nel filone della rappresentazione religiosa, diventa celebre come ritrattista. Il suo Ritratto di Maria Amalia di Sassonia, rende tutto il merito alla sua arte. Purtroppo della basilica di Santa Chiara a Napoli, resta solo un disegno schizzato, poiché gli affreschi da lui eseguiti, subiscono pesanti danni irreparabili. Il 4 agosto del 1943 infatti, dopo due anni di bombardamenti notturni, Napoli e in particolare Santa Chiara vengono colpite pesantemente: la Basilica viene distrutta quasi totalmente da un incendio durato quattro giorni, e naturalmente si perdono per sempre le decorazioni della volta. Restano però indelebili tutte le altre opere di uno dei più autorevoli e rappresentativi pittori della scuola napoletana. Nel 1751 viene nominato pittore di camera dal re Carlo di Borbone, e l’anno dopo lavora alla Basilica di Santa Chiara. Gli anni precedenti, dal 1736 al 1742, è impegnato nella decorazione della Reggia di Portici. Non mancò di rappresentare gli aspetti goliardici e più folcloristici della città di Napoli. La mascherata, La mandolinata, La mascherata con Pulcinella, Il concerto, alcune conservate al Museo di Capodimonte, ne rappresentano lo spirito vivace e attento al mondo in cui viveva. La sua ultima opera ultima opera l’Immacolata Concezione è conservata alla Reggia di Caserta. Straordinario virtuoso, uno dei quadri che maggiormente lo rappresentano è L’autoritratto, frutto della sua costante ricerca sui colori, sulla tecnica, sull’espressività. Bonito resta uno dei massimi pittori di un periodo storico in cui i forti contrasti politici e religiosi raramente hanno lasciato il posto alla pietà della rappresentazione.