Fine maggio 2020, terminava il lockdown causato dalla pandemia dovuta al Coronavirus-2 (SARS-CoV-2) che con la relativa malattia denominata COVID-19 fece precipitare il mondo in una condizione degna di una sceneggiatura distopica di un film cyberpunk. La mascherina, ffp2 era ancora la protagonista dell’outfit di qualsiasi cittadino. Il bollettino giornaliero con le statistiche dei contagiati, guariti, ammalati, ricoverati era un appuntamento tanto ansiogeno quanto irrinunciabile. La fine del lockdown non fu la fine totale delle restrizioni di libertà ai cittadini, in particolare la Campania fu una delle regioni protagoniste dei provvedimenti maggiormente restrittivi. Il periodo di isolamento a casa in compagnia di mia moglie e mia figlia di poco più di due anni, aveva riempito più il mio cuore di certezze emotive, che la mia testa di prospettive di vita. Ma io fui fortunato, lo sport di cui tutt’ora mi occupo in qualità di istruttore si svolge all’aperto: la vela.
Lasciavo la mia vecchia squadra di vela non senza un velo di malinconia. Era il mio primo giorno in qualità di istruttore di vela a Castellammare, provenivo da una lunga esperienza in un club napoletano. Le componenti fondamentali per la mia attività, ovvero, il mare, il vento, le barche in equipaggio singolo, il piazzale all’aperto dove si prepara l’attrezzatura, ne fecero una degli sport più sicuri rispetto ad eventuali contagi da covid. A spese di tutte le attività che si svolgono in spazi chiusi, decine di aspiranti velisti si riversarono nel piazzale della Lega Navale di Castellammare di Stabia. Percorsi quella quarantina di km che separavano casa da quello che sarebbe diventato il mio luogo di lavoro abituale in sella alla mia moto. Istruttore di vela di bambini che vanno da 6 a 14 anni, ero io più bambino che mai. Da metà febbraio non avevo più avuto motivo di muovermi se non a piedi per comprare le provviste settimanali, così già il solo andare in moto mi metteva gioia, ma ogni sensazione era contrastata e contrastante in un caleidoscopico turbinio di pensieri. Giravo la manopola dell’acceleratore ed emozionato sentivo i 4 cilindri che fischiavano più forte aumentando l’andatura. Pulito mentalmente dai mesi di cattività a casa, comprendevo quanto la vita fosse densa in un territorio così piccolo, casello dopo casello, Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata mi avvedevo di tale concentrazione umana su di un’autostrada semideserta. Dopo pochi Km sulla strada cittadina di Castellammare imboccai Corso Giuseppe Garibaldi, sulla destra finalmente vedevo il mare, lì, a pochi metri, di fronte si stagliava contro un accecante cielo blu, il Faito verdissimo e rigoglioso. Forse la scarsità di attività antropiche in quei mesi aveva contribuito a rendere l’aria tersa o forse erano solo i miei occhi che disabituati alla bellezza delle nostre città riscoprivano di colpo i colori vivi, forti, accesi. Via via che mi avvicinavo alla sede della lega, i cantieri navali che conoscevo solo per aver dato vita alla nave scuola della Marina Militare Italiana, l’Amerigo Vespucci troneggiavano sul panorama con le sue grandi gru. Il percorso, le sensazioni i colori mi travolsero in un’atmosfera immersiva, del tutto avvicinabile a quelle raccontate nei cartoni animati di Hayao Miyazaki, quei lungometraggi per bambini in cui il regista giapponese ricostruisce la sottile e delicata relazione tra uomo e natura. Ancora oggi dopo 4 anni di attività a Castellammare di Stabia mi piace pensarmi diretto dal Maestro giapponese in un cartone animato che racconti come un gruppo di bambini sia impegnato a cercare la propria giusta rotta nel percorso di crescita nel rispetto e nell’armonia con l’ambiente che li circonda.
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