Tra i nuovi talenti emergenti dell’ arte pittorica è sicuramente degna di nota una giovane pittrice di origini stabiesi, Maria Amendola. Nata a Vico Equense ma cresciuta a Castellammare, ha frequentato il Liceo Artistico di Napoli; in seguito si è trasferita a Venezia per studiare all’Accademia di Belle Arti, dove ha trovato un ambiente artistico molto stimolante, che dà possibilità ai giovani di poter interfacciarsi con importanti realtà come la Biennale. Il suo principale interesse è la pittura, in generale l’arte figurativa ma al contempo nutre una forte passione per la letteratura, il cinema, la fotografia, il fumetto, l’animazione, tutto ciò che suscita la sua curiosità e può ispirare la sua ricerca. Maria, quando hai scoperto la tua attitudine alla pittura? Ho sempre nutrito fin da piccola una particolare attenzione per l’immagine, iniziando a disegnare le cose che mi circondavano, come tutti i bambini fanno, per poi esplorare anche nuove tecniche come l’acquerello, le tempere, l’acrilico, e la pittura ad olio, che è la tecnica che tutt’ora prediligo. Ricordo ancora il mio primo set per dipingere ad olio, regalatomi da mia madre per la festa della Befana quando avevo circa 7 anni, mi piaceva particolarmente l’odore della pittura, e la texture pastosa, cose che tutt’ora apprezzo molto. Mi piaceva l’idea di poter creare una cosa dal nulla, renderla reale attraverso un semplice segno, forse era quello che più mi spingeva a creare. Le tue opere contengono un messaggio o esprimono semplicemente un concetto estetico? Quando dipingo ciò che mi interessa è poter raccontare una storia, senza però la necessità di usufruire delle parole, ma solo delle immagini, dei simboli, degli archetipi; non voglio che l’immagine sia scontata e piena di stereotipi, o almeno cerco di evitarli. Mi ricollego ad i miti ed alle leggende dell’uomo, alla storia popolare, da questo punto di vista crescere al sud mi ha aiutata ad accrescere la mia religiosità, la superstizione, al credere che esiste qualcosa oltre noi, mi piace che traspaia dai miei lavori. Dipingo esseri strani, spesso in luoghi naturali, l’umano che si interfaccia con l’animale, immagini surreali che si legano all’inconscio ed al mondo onirico. Desidero però lasciare uno spazio dove lo spettatore può vedere ciò che vuole, senza eccessivi condizionamenti. Nei tuoi dipinti c’è un filo conduttore? Assolutamente, tutti i miei lavori sono collegati, ognuno compone un pezzo della storia che desidero raccontare. Ho sempre immaginato i miei quadri come pezzi di puzzle che mostrano un mondo che abita la mia mente, e che piano piano si manifesta attraverso la pittura e appare nel mondo reale. C’ è un artista che ha influenzato la tua arte? Molti artisti a dire il vero mi hanno influenzata, ma uno in particolare è Max Ernst, che mi fece conoscere per la prima volta un amico pittore di mio padre da piccola. Ricordo che mi colpirono molto i colori, e le figure alte e magre che un po’ mi spaventavano, ma che al contempo mi incuriosivano, così mi sono avvicinata al mondo del surrealismo. Ho avuto poi la fortuna di trasferirmi nella città in cui è custodito un quadro molto importante per me di Ernst, ossia “La vestizione della sposa“, esposto al museo Guggenheim di Venezia. Oltre Max Ernst posso citare Dorothea Tanning e Leonora Carrington, come artisti contemporanei invece Victor Man e Kiki Smith; ma anche grandi maestri come Rembrandt, Leonardo Da Vinci, Piero Della Francesca, e la scuola pittorica napoletana di cui cito Antonio Mancini. Qual è la tua opera a cui sei particolarmente affezionata? In generale ogni opera mi parla in un modo diverso, ma sicuramente ce ne sono alcune in particolare a cui sono molto legata, come ad esempio un dipinto intitolato “I sogni del serpente di corallo”, raffigurante una testa di donna che fuoriesce da una coperta e che al suo fianco ha un oggetto strano, una specie di serpente appunto. Mentre invece il secondo, per me molto importante, è intitolato “A mezzanotte aprite i cancelli”, dove è raffigurata una donna seduta su una sedia, con alle spalle una vetrata dorata da cui si intravede la sagoma di un cavallo. Entrambi i dipinti si ricollegano al tema del sogno, per me molto importante.
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